Ampeloterapia:
curarsi con l'uva
UN
GRAPPOLO DI SOSTANZE NUTRIENTI

La cura
dell'uva ebbe i primi seguaci in Svizzera e precisamente a Vevey, sul
lago di Ginevra, dove fin dagli inizi dell'Ottocento alcuni
albergatori ospitavano dei 'malati', offrendo loro una 'medicina
speciale'.
In Italia la
cura è arrivata subito dopo, nel 1825, dopo l'apertura del passo
dello Stelvio.
A Sondrio,
in Valtellina, l'Albergo delle Poste, già vecchia stazione delle
diligenze, divenne un famoso centro di turismo terapeutico. La
Valtellina, del resto, è sempre stata una zona di abbondante
produzione di uve da vino, ma gli stessi grappoli maturati al sole
sono anche un buon frutto da tavola.
L'ampeloterapia
- come si chiama, con un termine scientifico, la cura dell'uva - è
particolarmente indicata nei casi di anemia, malattie della pelle,
stitichezza atonica (ingerendo anche le bucce) e spastica (bevendo
solo il succo). Vi sono però alcune controindicazioni: la cura
dell’uva non si addice ai diabetici (per l'abbondanza di zuccheri),
ai sofferenti di calcoli renali, di ulcera gastro-duodenale e di
enterocolite.
L'uva non
contiene soltanto fruttosio, ma anche molti sali minerali (ferro,
potassio, calcio, magnesio, sodio e fosforo), oltre a vitamine ed
enzimi che stimolano diversi processi biochimici del nostro
organismo.
Quando si
parla di cura dell'uva non s'intende il grappolino che in genere si
prende a tavola, alla fine dei pasti, bensì di un quantitativo pari
a 1-3 chilogrammi di uva al giorno, per 2-4 settimane, riducendo gli
alimenti abituali. Una dieta del genere, poiché non contiene tutti i
principi nutritivi, deve limitarsi ad un certo periodo di tempo,
stabilito caso per caso dal dietologo.
Talvolta,
un'ingestione abbondante d'uva, con le rispettive bucce, determina in
soggetti predisposti disturbi intestinali. Di conseguenza è
preferibile suddividere la dose giornaliera in 3-4 razioni, da
prendere a distanza dai pasti principali.
Con l'uva
non si deve bere acqua o altre bevande, ad eccezione di un po' di
caffè o di tè caldi.
L'uva è
comunque facilmente digeribile e presenta un valore calorico di 66-67
calorie per 100 grammi di prodotto, pari a uno stesso quantitativo di
latte, oppure 25 grammi di pane, 70 grammi di carne.
Si consiglia
di ingerire un acino per volta e quando la razione è abbondante
conviene eliminare una parte delle bucce e dei vinaccioli per evitare
un accumulo di cellulosa nell'intestino. Conviene anche alternare le
diverse qualità di uva, poiché variando il gusto la cura diventa
più gradevole e tollerata. Per chi ha l'intestino delicato sono
preferibili le uve più ricche di tannini.
Per fortuna
l'uva non provoca all'organismo gli effetti del vino, poiché gli
zuccheri presenti nel succo non si sono ancora trasformati in alcool
etilico.
Un'ultima
raccomandazione: l'uva va sempre ben lavata con acqua corrente, cioè
sotto il rubinetto, per eliminare i residui di antiparassitari, che
in concentrazione elevata possono rappresentare un pericolo per
l'intestino e per il fegato.
g.c.s.